Napoli è una città ricca di storia, arte e cultura. Tra i suoi tesori architettonici, la Galleria Umberto I spicca per la sua maestosità e bellezza. 

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La Galleria Umberto I è un’opera architettonica di impareggiabile bellezza, inaugurata nel 1890. Costruita in soli tre anni, vanta una struttura imponente: 147 metri di lunghezza, 15 di larghezza e 34 e mezzo di altezza, con una cupola che svetta a 57 metri. 

Si trova nel cuore pulsante di Napoli, a pochi passi da Via Toledo, dal Teatro San Carlo e dal Maschio Angioino. I suoi quattro ingressi, situati su Via Toledo, Via Santa Brigida, Via San Carlo e Vico Rotto San Carlo, la rendono facilmente accessibile da ogni punto della città.

Scopriamo insieme la Galleria Umberto I e la sua affascinante storia.

Galleria Umberto I: storia, simboli e allegorie

Nel XVI secolo, il quartiere di Santa Brigida a Napoli versava in condizioni deplorevoli. L’area era tristemente nota per la sua criminalità dilagante, con omicidi e delitti all’ordine del giorno. Bordelli e risse deturpavano il tessuto sociale, mentre gli edifici versavano in uno stato di degrado.

L’approvazione della legge per il risanamento della città aprì nuove possibilità per Santa Brigida. Tra i diversi progetti presentati, uno in particolare si distinse: la costruzione di una grandiosa galleria a quattro braccia sormontata da una cupola

La nuova struttura avrebbe offerto un ambiente sicuro e piacevole per passeggiare, lontano dai pericoli del quartiere malfamato. Inoltre, la presenza di hotel e negozi avrebbe garantito vitalità alla zona.

Il progetto di risanamento di Santa Brigida si rivelò un successo. La Galleria Umberto I, inaugurata nel 1890, divenne ben presto un punto di riferimento per la città, simbolo di modernità e progresso. L’area circostante si trasformò, attirando attività commerciali e residenze di prestigio.

La facciata principale, su Via San Carlo, presenta un porticato con colonne di travertino e due archi ciechi. 

Le statue che adornano la facciata simboleggiano Europa, Asia, Africa e America. Nelle nicchie sovrastanti ci sono statue rappresentanti la Fisica, la Chimica, il Genio della Scienza, il Lavoro e il Commercio e l’Industria. All’interno, la Galleria si snoda in un elegante crocevia, con un pavimento in marmo decorato con mosaici raffiguranti i segni zodiacali e i venti.

Il Salone Margherita

Fin dalla sua inaugurazione, la Galleria Umberto I è stata un punto di riferimento per la vita sociale e culturale di Napoli

Al suo interno si trovavano botteghe, studi professionali, redazioni di giornali, uffici e atelier di moda

A pochi passi dall’ingresso di Via Santa Brigida fu costruito un piccolo teatro sotterraneo, il Salone Margherita, inaugurato il 15 novembre del 1890luogo di ritrovo per artisti e intellettuali, come Matilde Serao, Salvatore di Giacomo e Gabriele d’Annunzio.

Per più di vent’anni questo teatro fu la sede principale dello svago notturno dei napoletani. Alle tentazioni di questo luogo di perdizione non rimasero insensibili neanche le menti più brillanti del tempo.

Ma il Salone Margherita iniziò a perdere il suo prestigio poco prima della Prima Guerra Mondiale, anche a causa della crescente concorrenza da parte di altri teatri.

Durante entrambe le guerre mondiali, il teatro visse principalmente di ricordi, senza mai riuscire a ritrovare la magnificenza dei suoi giorni d’oro.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il teatro ospitò l’avanspettacolo e successivamente la “Canzone sceneggiata”, ma si avviò inevitabilmente verso un declino irreversibile dei suoi antichi splendori.

La Galleria Umberto I e gli Sciuscià

Per 50 anni, la Galleria Umberto I è stata il regno degli Sciuscià, i lustrascarpe resi celebri dal film di Vittorio De Sica. Questi abili artigiani, il cui nome deriva dall’inglese “shoe-shine”, rappresentavano una figura iconica della Napoli del dopoguerra.

Dopo aver avuto la loro sede nel bosco di Capodimonte, gli Sciuscià si trasferirono nella Galleria, dove per decenni hanno offerto i loro servizi a clienti di ogni estrazione sociale. Le loro sedie a forma di trono di velluto scarlatto attiravano gentiluomini, borghesi e chiunque desiderasse sfoggiare scarpe impeccabili.

Farsi lustrare le scarpe in Galleria era un vero e proprio rito, un momento di socializzazione e di cura di sé. Il lustro delle scarpe rappresentava non solo l’eleganza, ma anche il rispetto per la propria persona e per il decoro urbano.

Travolti da affitti impossibili e dall’avvento di nuove mode, gli ultimi Sciuscià hanno purtroppo dovuto chiudere la loro attività qualche anno fa. La loro scomparsa rappresenta la perdita di un mestiere antico e di una tradizione che ha contribuito a rendere unica la storia di Napoli.

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